Prospettive e sfide per il settore dell’apicoltura dell’UE

Il primo Marzo 2018 il Parlamento Europeo si è espresso con una risoluzione dal titolo “Prospettive e sfide per il settore dell’apicoltura dell’UE”.

Tale documento affronta , in quasi 20 pagine, una moltitudine di argomenti che sarebbe arduo riproporre in poche righe: si va  dalle modalità di finanziamento al settore fino agli aspetti ambientali, toccando le adulterazioni nel miele, i prodotti chimici dannosi alle api, la formazione e la ricerca.

I media hanno dato molto risalto alle posizioni espresse riguardo l’utilizzo degli insetticidi e più in generale della chimica in agricoltura, grazie anche all’enfasi posta su taluni aspetti da alcune associazioni apistiche e ambientalistiche.

E’ stato detto ben poco invece, quasi il silenzio assoluto, su alcuni articoli del dispositivo che riteniamo finalmente chiarificatori riguardo l’argomento api locali, regionali e patrimonio genetico apistico da tutelare.

Quanto espresso negli articoli 20 e 31 merita infatti secondo noi la citazione integrale:

  • 20.  sottolinea la necessità di preservare lo straordinario patrimonio genetico, la diversità e la capacità di adattamento delle popolazioni apistiche locali ed endemiche, ognuna adattatasi nel corso delle generazioni alle particolarità dei rispettivi ambienti locali, ricordando che questa diversità è un fattore importante nella lotta contro le specie invasive, compresi i parassiti e le malattie;
  • 31.  invita gli Stati membri e le regioni a proteggere con ogni mezzo le specie locali e regionali di api mellifere (ceppi dell’ape Apis Mellifera ) dall’espansione indesiderata di specie esotiche naturalizzate o invasive che hanno un impatto diretto o indiretto sugli impollinatori; sostiene il ripopolamento con specie di api autoctone locali degli alveari perduti a causa di specie esotiche invasive; raccomanda agli Stati membri di istituire centri residenziali per l’allevamento e la salvaguardia delle specie di api autoctone; sottolinea, a tale proposito, l’importanza di sviluppare strategie di allevamento volte ad aumentare la frequenza di tratti utili nelle popolazioni di api locali; prende atto delle possibilità offerte dal regolamento (UE) n. 1143/2014 sulle specie esotiche invasive, e potenzialmente dai regolamenti sulla salute degli animali e delle piante recentemente adottati (regolamenti (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031, rispettivamente); esprime preoccupazione per il fatto che la cera d’api contaminata importata dalla Cina può spesso causare problemi di salute alle api;

Il contenuto delle affermazioni “proteggere con ogni mezzo” e soprattutto “raccomanda agli Stati membri di istituire centri residenziali per l’allevamento e la salvaguardia delle specie di api autoctone”, ad esempio, non deve e non può non essere considerato, va anzi evidenziato.

Ora la parola spetta alla Commissione Europea, ma ormai il dado é tratto.

Se le normative nazionali come la L. 313/2004 hanno lasciato spazio a vuoti normativi consentendo in pratica il raggiungimento dell’esatto contrario dell’obiettivo legislativo – l’art. 1 della 313/2004 infatti esprime come fine dell’apicoltura (l’attività dell’allevamento di api) la “salvaguardia della razza di ape italiana (Apis mellifera ligustica Spinola) e delle popolazioni di api autoctone tipiche o delle zone di confine” ma non si sancisce il come – ora si chiede chiaramente di colmare queste lacune con ogni mezzo.

A palesare il punto di non ritorno cui siamo giunti riguardo l’inquinamento genetico sottolineiamo che nel 2017 la Regione Lazio ha introdotto proprio l’Apis mellifera ligustica tra le risorse genetiche a rischio erosione previste dalla L.R. 15/2000 e che proprio pochi mesi fa un pool di ricercatori, associazioni apistiche locali e studiosi hanno sottoscritto la Carta di San Michele all’Adige (Appello per la tutela della biodiversità delle sottospecie autoctone di Apis mellifera Linnaeus, 1758 in Italia). Appello che le associazioni apistiche nazionali non hanno sottoscritto.

Poco, veramente troppo poco, ciò che negli anni è stato messo in campo a difesa e in ottemperanza delle finalità legislative (la salvaguardia dell’Ape Italiana…) dalle associazioni apistiche nazionali.

Noi abbiamo, nel nostro piccolo, tra le attività del Progetto di Miglioramento Territoriale della Ligustica, sostenuto e accompagnato le amministrazioni comunali e ambientali regionali che hanno invece creduto nel nostro lavoro per l’Ape Italiana e alle quali abbiamo chiesto l’adozione di strumenti a protezione dell’Apis mellifera  ligustica  Spinola; possiamo vantarci di aver promosso e reso possibile l’istituzione del primo areale italiano degno di nota (ad oggi 575 Km2) ove è vietato introdurre a allevare api diverse dall’Apis mellifera ligustica, la nostra ape.

Tutto ciò mentre la realtà che ci circonda  si muove in direzioni opposte rispetto ad un obiettivo di salvaguardia che andrebbe sostenuto e condiviso:  in alcune regioni italiane si utilizzano risorse del REG. CE 1308 per la selezione di ibridi (non proprio risorse autoctone), sul mercato apistico vengono ormai spacciate per ligustica api regine che generano operaie con addome quasi totalmente nero e ai tavoli ministeriali vengono predisposte le politiche apistiche con associazioni che ci sembra nulla abbiano a che fare con la salvaguardia dell’Apis mellifera ligustica non figurando tale scopo neanche tra le loro finalità statutarie.

Sarebbero quindi  maturi i tempi ormai affinché le politiche nazionali del settore si esprimessero chiaramente nel rispetto delle finalità legislative e soprattutto sarebbe opportuno che venissero pianificate solo con chi condivida e, ci auspichiamo, fattivamente si adoperi per le finalità espresse nell’articolo 1 della 313 e, dal 1° Marzo 2018, per gli indirizzi europei.